W.E.G.O. in Emilia
Uccelli & Salumi dell'Emilia
quattro passi tra fiumi, boschi, monti e salumerie
ultimo week end del mese (giovedì - domenica)
da aprile a giugno 2017 e da settembre a novembre 2017
Sulla via Emilia corre, da nord-ovest a sud-est, la direttrice del gusto emiliano-romagnolo: Piacenza, Parma, Reggio Emilia, Modena e Bologna, ciascuna con la sua specialità, dalla coppa piacentina alla mortadella bolognese. In questo WEGO ci soffermeremo nella provincia di Parma, forse la più ricca dal punto di vista gastronomico grazie alla sapiente arte con cui viene trattato il porcello, e la più interessante da quello ornitologico, in virtù del mosaico di fiumi, colline, laghi e monti che ne dipingono il territorio. Passeremo quattro giorni entro i confini della provincia di Parma dividendo il tempo tra il birdwatching e le attività gastronomiche, come esporremo più sotto. Visiteremo la Riserva regionale del Monte Prinzera e il Parco Regionale del Taro, due biotopi diversi tra di loro ma entrambi ricchi di animali, dagli uccelli, che più ci interessano, ad una microfauna di coloratissimi insetti (soprattutto farfalle), passando per mammiferi, rettili e anfibi, assisteremo a proiezioni di diapositive sui due parchi, imparando l’ecologia di queste due splendide aree di wilderness. Visiteremo poi profumatissimi laboratori di artigiani salumai che ci spiegheranno vita, morte e miracoli, arte cultura, storia e curiosità sul re della tavola parmense, il maiale. Le delizie ornitiche e gastronomiche dei nostri week-end variano, per alcuni aspetti, con i mesi; l’avifauna cambia durante le stagioni e alcune specie di uccelli sono presenti solo nei mesi caldi, come ad esempio il Gruccione, che a settembre è già sulla via per l’Africa. E cambiano anche i sapori: se è possibile gustare il Culatello tutto l’anno, è solo nei mesi di ottobre e novembre che potremo assistere alla fiera del tartufo nero di Fragno e gustare il prelibato tubero. La sequenza di visite, escursioni e mangiate sono ben lungi dall’essere definite, ma sapete che gli uccelli, soprattutto in primavera-estate, sono più attivi al mattino presto, per cui le nostre prime uscite di birdwatching saranno di prima mattina, per fermarci poi qualche ora a degustare, visitar cantine e salumerie, assistere a lectures e proiezioni; dopo un’ulteriore sessione di birdwatching nel pomeriggio, concluderemo la giornata con ulteriori attività eno-gastronomiche e, se ci sarà tempo ed equilibrio, effettueremo uscite serali alla ricerca di gufi e succiacapre.

Il Parco

Riserva regionale del Monte Prinzera
Una roccia scura tra le morbide colline della media valle del Taro è la sagoma del monte Prinzera, dal profilo originale nel paesaggio della prima montagna parmense. Un rilievo di 736 metri sul crinale che separa il Taro e lo Sporzana, dall'aspetto aspro e selvaggio. Dalla sua sommità lo sguardo può spaziare sul medio e alto Appennino parmense sino alle vette più alte dello spartiacque ligure-emiliano e, nei giorni più limpidi, al profilo del monte Cusna nell'area reggiana. L'origine dell'aspetto particolare del Prinzera e del suo conseguente popolamento vegetale e animale sta nella natura ofiolitica delle rocce che lo compongono. Le ofioliti sono frammenti magmatici di crosta oceanica inglobati nella montagna durante l'orogenesi appenninica. Queste pietre dagli scuri toni verdastri (dal greco ophis, cioè serpente: non a caso sono state chiamate a lungo "pietre verdi", per la particolare colorazione che ricorda la livrea di un rettile) testimoniano un passato remoto in cui il mare Tirreno ligure, nel Giurassico medio, circa 180 milioni di anni fa, occupava questo settore tra la zolla continentale europea e quella africana. L'alta concentrazione di elementi quali il ferro ed il magnesio, genera un suolo particolarmente selettivo dove riescono a sopravvivere solo specie di piante ben adattate. Infatti il Monte Prinzera è ricco di rarità ed endemismi vegetali quali l’Alisso di Bertoloni e la Biscutella montana. Pur essendo la riserva ricca di mammiferi, rettili e anfibi, ci concentreremo naturalmente sull’avifauna, anch’essa ricca e multiforme, con circa 120 specie. Tra i rapaci diurni ricordiamo la Poiana comune, lo Sparviere eurasiatico, il Gheppio comune, il Falco pellegrino e soprattutto il Biancone comune. Tra i piccoli passeriformi, oltre alle comuni cince, Luì bianco, Codirosso spazzacamino e Sterpazzolina, citiamo la sempre più rara Averla piccola, Prispolone, Calandro e Ortolano. Altre specie interessanti sono la Pernice rossa e la Starna ed ancora alcune specie qui in forte declino come il Culbianco ed il Codirossone. Le nostre escursioni serali ci metteranno in grado di vedere, con un po’ di fortuna, l’Allocco eurasiatico. Il Prinzera ha anche una rilevanza storica: nel corso dei secoli il profilo inconfondibile del monte ha rappresentato un riferimento per viandanti più o meno celebri: da Carlo Magno a Ottone I, Federico Barbarossa, fino a Carlo VIII, che vi transitarono coi rispettivi eserciti, pellegrini e soldati durante l'attraversamento dell'Appennino nel tratto che dalla val Sporzana raggiungeva il passo della Cisa, lungo la ben nota via Francigena.

Parco Regionale del Taro

Il Parco del Taro si estende per 20 km da Ponte Taro fino a Fornovo, nel tratto di alta pianura del fiume. L’ampio alveo divaga e l’acqua corrente guadagna il suo percorso in un materasso di ghiaia. Le rive del corso d’acqua sono in generale sopraelevate dal letto e presentano una copertura vegetale a mosaico. Ampie superfici hanno una prevalente copertura erbacea, con essenze di ambienti asciutti, talvolta addirittura predominano le specie di terreni marcatamente aridi. Queste praterie sono spesso intervallate da arbusti dispersi talora aggregati in macchie più o meno dense che, localmente, possono dare luogo a formazioni di fitte boscaglie. Laddove il suolo è più profondo e i sedimenti dei terrazzi che orlano il margine del corso d’acqua corrispondono alle alluvioni più antiche, si rinvengono boschi con piante ad alto fusto che svettano con le loro chiome sul paesaggio fluviale. In questa fascia più arretrata rispetto all’alveo, l’attività umana si è maggiormente sviluppata e diverse superfici sono occupate da terreni agricoli destinati prioritariamente alla coltura delle foraggiere per l’alimentazione bovina e per la produzione del Parmigiano-Reggiano. Il territorio del Parco può essere suddiviso in una successione di ambienti che nel loro insieme costituiscono l’ecosistema fluviale del Taro: il greto, le zone umide, le fasce di bosco, le aree cespugliate, i coltivi e le zone abitate. La faunadel Parco è una della componenti più importanti a livello conservazionistico, tanto che il Parco del Taro è stato designato come Zona di Protezione Speciale (ZPS) e per questo rientra tra i Siti d’Importanza Europea della RETE NATURA 2000. Il riconoscimento è dovuto alla presenza di habitat che ospitano oltre 250 specie di avifauna migratoriae alla consistenza di alcune popolazioni che sono elencate nella Direttiva 79/409 CEE Uccelli. Lungo la valle del Taro infatti, gli uccelli presentano una significativa  rotta di migrazione e molti di questi si fermano a nidificare, come la Garzetta, la Nitticora, l’Airone cenerino, la Sterna comune, l’Occhione, il Gruccione europeo e il Topino comune. Durante la stagione invernale è possibile osservare numerose specie svernanti, come diverse specie di anatre ed il Tarabuso, ma anche rare, come l’Aquila anatraia maggiore, o la Strolaga maggiore. Ecco una piccola lista di altre specie che potremo vedere durante le nostre escursioni, diurne e notturne: Cormorano comune, Tarabusino, Airone rosso, Sgarza ciuffetto, Moretta tabaccata, Canapiglia, Fistione turco, Falco pescatore, Albanella reale, Albanella minore, Falco di palude, Lodolaio eurasiatico, Porciglione comune, Voltolino, Gru cenerina, Corriere piccolo, Mignattino comune, alibianche e piombato, Picchio rosso maggiore, minore e verde, Torcicollo eurasiatico, Canapino, Sterpazzola, Rigogolo, Cannareccione, Usignolo di fiume, Cannaiola verdognola, Strillozzo. Numerosi sono i mammiferi, per molti dei quali il Parco rappresenta un importante corridoio di diffusione dalla montagna verso la pianura come ad esempio Cinghiale e Capriolo; sarà molto difficile vederne altre specie, ma potremmo aver la fortuna, magari nelle nostre escursioni serali, di incontrare un Tasso, l’Istrice, una Volpe o magari il Lupo che è stato recentemente avvistato entro i confini del parco! Nelle nostre escursioni serali avremo invece buone chance di vedere Assiolo, Barbagianni, Gufo comune, Allocco eurasiatico, Civetta comune e Succiacapre eurasiatico. Per gli appassionati di fauna saltante, il parco mette a disposizione, oltre a grilli e cavallette, la Rana verde, il Rospo comunee quello smeraldino, la Raganella, il Tritone crestato e quello punteggiato, osservabili soprattutto ai margini del corso principale del fiume dove l'acqua scorre lentamente o ristagna. Gli amanti dei rettili non mancheranno di essere soddisfatti, tra Testuggini palustri, Natrici dal collaree Bisce tassellate. Anche il microcosmo alato è ben rappresentato con 309 specie di falene e 100 di farfalle, oltre che a rarità come i coleotteri Osmoderma eremitae Cervo volante (forse i non più giovanissimi ricordano come i roseti di maggio fossero, fino a qualche decennio fa, ronzanti di Maggiolini e Cervi volanti, spettacolo al quale oggi è molto difficile assistere).

Le Terre Verdiane
La parte nord della provincia di Parma è, per gli scopi dei nostri WEGO, la meta perfetta per un’escursione, che arricchirà il già corposo carnet del nostro week-end. La Bassa Parmense è conosciuta come Terre Verdiane perché diede i natali a Giuseppe Verdi, che nacque a Busseto (faremo visita alla casa natale del maestro). Altre creature illustri di questa regione sono, mi perdoni il Maestro, la spalla di San Secondo, il sofisticato strolghino e il celestiale culatello (che fa pendant con la celeste Aida). Non inferiore è la valenza ornitologica della Bassa Parmense, dove nidificano uccelli interessanti come l’Albanella minore, il Grillaio, il Falco cuculo, la Ghiandaia marina e l’Averla cenerina.

Il Porco

Il gosén, come è chiamato a Parma il maiale da vivo (sì, da vivo, perché da morto il maiale cambia nome e viene chiamato nimèl, cioè animale, l’animale per eccelleza, quasi una metafora di un cambiamento sublime, lo stesso di Romolo, che dopo morto ascese al cielo diventando Quirino), il gosén, il maiale, dicevamo, è sempre stato considerato, nei secoli dei secoli, animale sozzo e ignorante; e ancor oggi tutto ciò che c’è di brutto e sgradevole lo assimiliamo alla rosea creatura: porca miseria, porco mondo, porca puttana, etc..., fino al sinteticissimo porco! in cui il punto esclamativo identifica il peggior insulto. Una grande ingenerosità per la creatura che ci regala perle (dai e non ai porci) come il culatello, la coppa, la pancetta, il lardo, il prosciutto crudo e cotto, il salame, il cotechino, lo zampone e i ciccioli. Sì perché del porcello si usa tutto, dalle carni alle budella, dalle ossa alla cotenna: a Parma si dice che il maiale è come la musica di Verdi, non c’è niente da buttare via. Eppure la considerazione dell’uomo per il maiale non è sempre stata così cattiva e la creatura era vista nella mitologia antica come una bestia innocente e pulita, tanto che gli dei erano soliti inviare messaggi agli umani per sua via: a Enea fu predetto che le sue tribolazioni sarebbero finite quando avesse visto sulle rive di un fiume una scrofa trotterellare con trenta porcelletti; e Ulisse, sbarcato a Itaca, incontrò il porcaro Eumeo sacrificando subito un porcello, che diventa simbolo della fine del viaggio periglioso e inizio della pace ritrovata; e Oreste, dopo aver ucciso la madre Clitennestra, si purificò lavandosi con il sangue di maiale. Poi le cose cambiarono e durante il Medioevo cristiano il porco, da sempre assimilato alle divinità pagane, diventò una creatura negativa, una metafora della lussuria (metafora che dura ancora oggi). Per un contrappasso alimentare-organolettico, sono le bestie che mangiano schifezze che danno le carni migliori: gli uccelli insettivori sono decisamente più saporiti dei granivori (non me ne vogliano i birdwatcher!), in fondo al mare l’aragosta, che mangia pesci morti, dà polpa molto più squisita dei brucatori d’alghe. E il maiale, che non va tanto per il sottile in fatto di alimentazione, dà carni deliziose, ben più di qualsiasi altro quadrupede. Grazie ad esso, comodamente seduti a tavola, si impara la geografia gastronomica della provincia parmense: prosciutto di Langhirano, salame di Felino, culatello di Zibello, spalla di San Secondo, coppa di Collecchio. Si potrebbe parlare ancora a lungo di questo dono della natura, scientificamente e riduttivamente conosciuto come Sus scrofa, ma lasciamolo in pace, ad ingrassare placidamente in attesa del sacrificio che lo trasformerà nella quintessenza della bontà. Avremo tempo di riparlarne durante questo WEGO, con mastri norcini, maestri salatori e massaggiatori, produttori ed esegeti della cultura del maiale e financo poeti del prosciutto. Per buon peso, come si dice, faremo una capatina anche a parlar, e bere e mangiare, di Lambrusco e Parmigiano.



Galleria emiliana




Il Grillaio sta espandendo il suo areale verso il nord dell'Italia e in provincia di Parma ce ne sono diverse colonie (© Dick Forsman)




La Pernice rossa potrà essere osservata alle falde del Monte Prinzera (© Dick Forsman)




La piccola e graziosa Sterpazzolina nidifica nei boschetti ripariali del fiume Taro (© Dick Forsman)




Vedremo una colonia di coloratissimi Gruccioni nei pressi del Parco dello Stirone (© Dick Forsman)




Il cicaleccio dello Strillozzo è uno dei canti più comuni delle campagne del Parmense (© Dick Forsman)




Il Culbianco frequenta la Riserva Regionale del Monte Prinzera (© Dick Forsman)




I canneti della provincia di Parma sono pieni del chiacchericcio del Cannareccione (© Dick Forsman)




La Calandra è una delle numerose specie di Alaudidi che potremo vedere nelle campagne emiliane (© Dick Forsman)





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