Info & notizie #maggio 2016


Questa pagina del sito dedicata alle informazioni e novità sul mondo degli uccelli e della natura più in generale, riguardanti vari aspetti come il conservazionismo, la tassonomia, la scoperta di nuove specie, ecc..., raggiunge con la presente versione il terzo aggiornamento. Può leggere le edizioni precedenti a questo link.

Gran parte degli articoli di questa sezione sono estrapolati dalle news di BirdLife International, e al termine di ciascuno di essi trova il link all'articolo completo, così come altri link utili agli articoli scientifici citati e ai siti web delle organizzazioni e associazioni in oggetto. Può iscriversi direttamente alle newsletter di BirdLife International, rimanendo sempre aggiornato sulle loro iniziative e campagne e su tutte le novità relative all'onitologia e biologia conservazionistica. Per informazioni utilizzi questo link.


migrazione
a Batumi



Batumi Birding
Festival 2016
Partecipa anche tu al "festival dei rapaci" che si terrà a Batumi (Georgia) dal 25 settembre al 1° ottobre 2016.

Il festival avrà luogo al picco della migrazione della Poiana delle steppe, e ogni giorno potrai vedere più di 100.000 rapaci! In più questo è il periodo migliore per altre specie di rapaci, incluse Aquile anatraie maggiori e minori, Aquile imperiali e Albanelle pallide.

Le paludi vicine ospitano, tra molte specie più comuni, Pavoncelle gregarie e Pernici di mare orientali.

Durante il soggiorno potrai scegliere di fermarti ad uno dei due osservatori della migrazione o di visitare le celebri aree vicine: il delta del Chorokhi e la costa del Mar Nero, Mtirala National Park, Kolkheti Wetlands.

Ospite d'onore del festival sarà quest'anno Dick Forsman, il guru dei rapaci, che fornirà, durante il giorno sul campo e la sera in hotel, lezioni magistrali sulla identificazione dei rapaci in volo.

Soggiorno in un eccellente hotel 5 stelle

 
Euro 1.450 a persona
Batumi/Batumi


per informazioni: info@batumibirding.com


Conservare il corridoio di Batumi

Ogni autunno milioni di uccelli abbandonano le foreste e le praterie della Russia per raggiungere i quartieri africani di svernamento. La loro migrazione li porta sulle alture del Caucaso e lungo le rive del Mar Caspio e del Mar Nero. Lungo questo percorso la migrazione si concentra nel "bottleneck (collo di bottiglia)" di Batumi, in Georgia. A Batumi la migrazione si incanala lungo un corridoio largo circa 10 kilometri tra il Mar Nero e le montagne del Caucaso Minore, corridoio nel quale ogni anno vengono registrati più di un milione di rapaci.

Questo spettacolo è sempre impressionante e non manca di affascinare le centinaia di ornitologi e birdwatcher che ogni autunno si assiepano in quella regione. A Batumi sono state registrate trentasei specie di rapaci e la conta giornaliera supera le 100.000 unità (con uno straordinario record di 271.000 uccelli il 2 ottobre 2014). Gli ultimi giorni di agosto vedono il passaggio della pressocché intera popolazione orientale di Falco pecchiaiolo e di stormi di centinaia di albanelle di tutte le quattro specie. Contrappunto colorato al sobrio piumaggio dei Falchi pecchiaioli sono gli stormi di Gruccioni e Ghiandaie marine. A metà settembre iniziano a passare in gran copia aquile di diverse specie e verso la fine del mese arrivano migliaia di Poiane delle steppe.

Purtroppo tale abbondanza di uccelli richiama, oltre agli appassionati birdwatcher, anche cacciatori e bracconieri. Le verdi colline di Batumi ospitano un gran numero di appostamenti dai quali i rapaci e gli altri uccelli che volano a bassa quota sono fatti oggetto di un abbattimento indiscriminato. Si stima che ogni anno vengano illegalmente uccise 13.000 tra albanelle, aquile e pecchiaioli. Nonostante questo tipo di caccia sia illegale, i controlli sono praticamente inesistenti.

Anche le paludi costiere, ricchissime di migratori, sono frequentate da un gran numero di cacciatori e, sebbene molti di essi siano muniti di regolare licenza di caccia, il prelievo è indiscriminato e molte specie minacciate vengono sistematicamente uccise; tra di esse rarità come la Schiribilla grigiata, la Pavoncella gregaria, il Croccolone e il Pollo sultano.

Inoltre tutta l'area costiera sta andando soggetta a pesanti opere di urbanizzazione e si sta investendo una gran quantità di denaro nella costruzione di resort turistici. Il delta del fiume Chorokhi, uno splendido mosaico di ambienti di 500 ettari, non gode di alcuna forma di protezione nazionale.

Leggi l'articolo originale su BirdLife International

Vai al sito di Batumibirding

SABUKO. Society for Nature Conservation

Batumi Raptor Count












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pappagalli #1


Questo uccello, emblema della Nuova Zelanda, è almeno secondo EDGE, il pappagallo ancora esistente in natura più raro del mondo (per la precisione è la quarta più rara specie al mondo, dopo l'Ibis gigante, l'Egotele di Nuova Caledonia e il Condor della California). Oggi sono solo 126 gli individui esistenti, ma gli sforzi delle organizzazioni ambientalistiche coinvolte nel progetto di reintroduzione e tutela sono stati premiati e la popolazione è in aumento. (© Mnolf,CC BY-SA 3.0)


Contrariamente a quello che si può pensare, la ricerca ha dimostrato che il rischio di estinzione è minore per le specie diffuse in cattività. Il corredo genetico dell'Ara di Spix è ancora esistente grazie alle poche decine di individui presenti in centri di ricerca e allevamento. La possibilità di reintrodurre in natura questo splendido pappagallo passa attraverso la collaborazione con questi centri. (Joseph Smit, Pubblico Dominio)

Recenti studi identificano nei pappagalli (Psittaciformes) il gruppo di uccelli più minacciato

Gruppi di ornitologi e conservazionisti, inclusi gli staff di BirdLife International e dell'Australian National University hanno recentemente pubblicato i risultati di una ricerca che indica come gli Psittaciformes siano tra i taxa più minacciati, con il 28% delle specie esistenti (111 su 398) classificato come globalmente minacciato (una qualsiasi delle categorie di minaccia dello IUCN). Tra le specie più a rischio annoveriamo quelle con un areale geografico ristretto (tipicamente quelli confinati ad un arcipelago o ad una sola isola), quelle caratterizzate da grandi dimensioni, quelle con un ciclo riproduttivo lungo e quelle dipendenti da un ambiente di foresta. Le specie caratterizzate da grandi dimensioni tendono ad avere ridotte densità di popolazione e sono nel contempo più soggette alla pressione venatoria, mentre quelle legate ad ambienti di foresta hanno abitudini riproduttive che presuppongono l'utilizzo di nidi tane all'interno del tronco degli alberi e la deforestazione ha quindi un impatto severo sulla disponibilità di nidi. Il 56% delle specie di pappagalli sono in declino anche se, come accennato, solo il 28% delle specie è inserito nella Lista Rossa dello IUCN. I pappagalli sono da sempre il target preferito di cacciatori e collezionisti, ma la caccia per scopi alimentari e il prelievo per commercio e collezionismo sono solo una parte del problema, rimanendo la sostituzione di grandi estensioni di foreste con terreni agricoli la minaccia più pericolosa. Questa ricerca sui pappagalli ha individuato i termini del problema e ha cercato di delineare le linee prioritarie di conservazione di questi affascinanti uccelli. E' stata stilata una lista dei paesi pi a rischio, che sono risultati essere: Indonesia, Brasile, Australia, Colombia, Bolivia, Ecuador, Perù, Papua Nuova Guinea, Venezuela e Mexico. Le azioni pi urgenti da intraprendere sono le stesse, anche se con diverso grado di priorità, per regione zoogeografica: protezione dei siti forestali, modificazione della legislazione vigente, aumento della sensibilità dei locali nei confronti della loro avifauna. La gravità della situazione è anche stata correlata al PIL delle varie nazioni in oggetto; nei paesi ad economia più avanzata, e con un PIL più elevato, vi è maggior tendenza all'urbanizzazione con il reclamo di una maggior estensione di territorio naturale per le attività umane. Contrariamente a quello che si può pensare, la ricerca ha dimostrato che il rischio di estinzione è minore per le specie diffuse in cattività, confermando precedenti studi che dimostravano come la maggior parte delle specie regolarmente utilizzate come animali da compagnia non fossero specie minacciate. Esiste comunque la minaccia rappresentata dal commercio illegale di pappagalli, che per alcune specie rappresenta la pi importante, se non unica, causa di estinzione. 14 delle 16 specie di pappagalli estintesi in tempi storici avevano un areale ristretto ad un'isola (o ad un piccolo gruppo di isole); esse scomparvero dopo l'arrivo, verso la metà del XVII° secolo, dei colonizzatori europei. Le due eccezioni sono il Parrocchetto della Carolina Conuropsis carolinensis, una specie nordamericana che fu spazzata via dalla persecuzione umana e dalla deforestazione (l'ultimo individuo conosciuto fu un maschio che morì in cattività, come la povera colomba Martha, nello zoo di Cincinnati nel 1918), e il Pappagallo del paradiso Psephotellus pulcherrimus, una specie che viveva in Australia, nel Queensland del sud-ovest, dove nidificava nei termitai della prateria

Leggi l'articolo orginale su BirdLife International

Leggi la ricerca: "Ecological and socio-economic factors affecting extinction risk in parrots" sul Journal Biodiversity Conservation


 

 

 

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pappagalli #2




Il Pappagallo cenerino è una delle specie preferite dagli allevatori e il suo commergio illegale è la principale causa del suo drastico declino in Ghana e in tutta l'Africa Occidentale (© Robert01CC SA 3.0 Germany)

Quick Facts

nome inglese: Grey Parrot
nome scientifico: Psittacus erithacus
nome italiano: Pappagallo cenerino
ordine: Psittaciformes
famiglia: Psittacidae
stato di conservazione: Vulnerabile



Il Pappagallo cenerino potrebbe presto
estinguersi in Ghana


Negli ultimi vent'anni la popolazione di Pappagallo cenerino Psittacus erithacus del Ghana ha perso il 90-99% dei suoi effettivi. Questo è il triste risultato di un monitoraggio sul campo effettuato cooperativamente dalla Manchester Metropolitan University e BirdLife International, e finanziato dalla Parque Foundation di Tenerife. La ricerca ha evidenziato la pressoché totale scomparsa di tutti i tradizionali roost nella foresta (congregazioni di numerosi individui che usualmente utilizzano nel tempo le stesse aree).
Nel 2014 sono stati intervistati un migliaio di residenti ghanesi, in merito alla frequenza e numero dei loro incontri con i pappagalli; i locali hanno hanno riferito un calo del 96% rispetto al 1990.
Nathaniel Annorbah, uno studente della Manchester Metropolitan University autore di un esaustivo articolo al riguardo pubblicato su Ibis, ha riportato che nei roost che vent'anni fa ospitavano più di mille individui, oggi si possono incontrare pochi pappagalli. L'articolo di Ibis identifica in quattro ragioni principali il drammatico calo della popolazione: commercio e allevamento della specie come animali da compagnia, riduzione della copertura forestale, pratiche selvicolturali e taglio di legname per scopi commerciali.
Il commercio di animali vivi ha giocato un ruolo preminente, nonostante fosse proibito dalle leggi ghanesi vigenti: nel periodo 1991-2012, a fronte di un'esportazione dichiarata di 35 individui, la popolazione è declinata del 95%!
La situazione del Pappagallo cenerino non è tragica solo in Ghana, ma nella maggior parte dell'Africa Occidentale e decise azioni di tutela vanno intraprese in tutti i paesi della regione e gli autori della presente ricerca indicano che ci sono ragioni sufficienti per bandire il commergio del Pappagallo cenerino in tutto il suo areale di distribuzione, che, attraverso l'Africa Centrale, arriva fino alle regioni occidentali del Kenya.
Nel 2013/2014 il Segretariato Africano di BirdLife International e il CITES hanno incaricato i partner di Liberia, Sierra Leone, Repubblica Democratica del Congo e Costa d'Avorio di disegnare nuove linee di intervento per la tutela del Pappagallo cenerino, così come hanno incaricato gli agenti in Camerun di implementare quelle già esistenti in quella nazione.

Leggi l'articolo orginale su BirdLife International

Leggi l'articolo di Nathaniel Annorbah: "Trade and habitat change virtually eliminate the Grey Parrot
Psittacus erithacus from Ghan"
Altri link utili:

Convention on International Trade in Endangered Species of Wild Fauna and Flora (CITES)

Ghana Wildlife Society

Monografia del Pappagallo cenerino su IUCN



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ibis eremita


In tempi storici l'areale dell'ibis eremita era molto esteso: lo si trovava praticamente in tutto il Nordafrica ed il Medio Oriente, oltre che nelle aree montane e nelle scogliere dell'Europa meridionale, ma anche in Svizzera, Germania e Austria dove sembra che alcune colonie si trovassero sui tetti delle case della periferia di Vienna! Attorno ai 300 anni fa, però, la specie si avviò verso un lento ed inesorabile declino che ne causò la sparizione prima dall'Europa centrale, poi dall'Europa meridionale. Oggi ne esistono una piccolissima colonia in Siria (ma i recenti avvenimenti bellici non ne permettono il monitoraggio) e una popolazione semiselvatica a Birecik in Turchia, ma l'unica popolazione vitale si trova in Marocco (© Rapha-Hëll, CC 3.0 Unported)

Quick Facts

nome inglese: Northern Bald Ibis
nome scientifico: Geronticus eremita
nome italiano: Ibis eremita
ordine: Pelecaniformes
famiglia: Threskiornithidae
stato di conservazione: Critically Endangered

Straordinario successo riproduttivo
dell'Ibis eremita in Marocco


L'Ibis eremita ha sempre avuto, fin da tempi storici, una turbolenta relazione con il genere umano, ma gli ultimi successi riproduttivi della sua popolazione marocchina, ottenuti in virtù del lavoro e dell'impegno dei partner di BirdLife in Marocco e del governo del Marocco, aprono la speranza per una rinnovata armoniosa coesistenza tra uomo e ibis. Il bruttissimo, ma fascinoso, Ibis eremita era diffuso un tempo in un un vastissimo areale, che andava dal Marocco al Medio Oriente, con colonie europee. Era addirittura venerato dagli uomini che vedebvano in questo spelacchiato uccello un simbolo di fertilità e virtù; ma nonostante questa forma di rispetto, la pressione determinata dalla popolazione umana sulle colonie di ibis ha causato la drammatica contrazione della popolazione, tanto da collocare questa specie tra quelle criticamente minacciate di estinzione: al volgere della fine del XX° secolo la popolazione mondiale assommava a non più di 50 coppie. Oggi il 99% ddegli Ibis eremita vive nelle colonie marocchine. Con queste premesse, BirdLife International è lieta di annunciare che l'Ibis eremita ha avuto nel 2015 uno straordinario successo riproduttivo: nelle colonie del Souss-Massa National Park e del vicino estuario del Tamri sono state 116 le coppie che hanno portato felicemente a termine la nidificazione! Il successo riproduttivo è stato di 1,7 individui per coppia con un censimento post-riproduttivo di quasi 600 individui! Oltre alle colonie marocchine, rimangono pochi individui in Siria e una popolazione semiselvatica a Birecik, in Turchia. In Spagna e Austria, inoltre, si stanno conducendo programmi di reintroduzione. Numerose sono gli individui, società e organizzazioni che hanno contribuito a questo successo; supportata da cinque partner (SEO BirdLife in Spagna, RSPB BirdLIfe in Gran Bretagna, GREPOM BirdLife in Marocco, High Commission for Water and Forest and Fight Against Desertification, SVS BirdLife in Svizzera, VBN BirdLIfe nei Paesi Bassi) BirdLife International ha giocato un ruolo chiave nell'identificazione e organizzazione delle strategie di conservazione dell'Ibis eremita. E un ruolo altrettanto decisivo è stato giocato dai responsabili del Souss-Massa National Park che hanno istituito campagne di sensibilizzazione per la gente locale, riuscendo in pieno nell'intento; oggi gli abitanti della regione sono anch'essi orgogliosi dei "loro" ibis e guidando lungo la strada costiera atlantica capita spesso di vedere disegni di Ibis eremita su muraglie e abitazioni e numerose cooperative locali usano stilizzazioni dell'ibis quali loro logo. Anche i guardiani del parco di Souss Massa hanno preso a cuore l'Ibis eremita aiutandoli in diversi modi, tra cui provvedere all'apporto di acqua e controllando il disturbo causato alle colonie dalla pressione antropica (incluso il sempre maggiore afflusso di ecoturisti!)

Leggi l'articolo originale su BirdLife International

Leggi la storia dell'Ibis eremita in Siria

Monografia dell'Ibis eremita su IUCN

GREPOM BirdLIfe Maroc


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avvoltoi #1


Le sei specie di avvoltoi africani
minacciate di estinzione
Grifone del Capo (NJR ZA, CC BY-SA 3.0)
Grifone di Rüppell (© MIchael Sammut)
Avvoltoio cappuccino (© Dick Forsman)
Avvoltoio orecchiuto (© Dick Forsman)
Avvoltoio testabianca (© Dick Forsman)
Grifone dorsobianco (© Yathin sk, CC BY-SA 3.0)


Gli avvoltoi africani si avvicinano
pericolosamente all'estinzione


I più recenti studi e monitoraggi sul campo effettuati da BirdLife International per conto della IUCN registrano che sei delle undici specie africane di avvoltoi sono ad alto rischio di estinzione.

Le principali cause di questo drastico declino sono da attribuirsi in gran parte all'avvelenamento indiscriminato degli uccelli con bocconi avvelenati, all'uso di parti degli avvoltoi nella medicina tradizionale e al bracconaggio: i bracconieri uccidono gli avvoltoi perchè indicatori della presenza di carcasse, le quali possono attirare l'attenzione delle autorità locali verso aree dove potrebbero essere stati uccisi animali protetti.

"Oltre a privare i cieli africani di uno dei più spettacolari e iconici gruppi di uccelli, il rapido declino degli avvoltoi potrebbe avere gravi conseguenze sulla gente locale, poichè le abitudini alimentari degli avvoltoi prevengono la diffusione di germi e malattie" afferma Julius Arinaitwe, direttore del Programma ASfrica di BirdLife International.

Il risultato degli studi ha comunque permesso istituzioni, associazioni e persone di buona volontà di iniziare una campagna di sensibilizzazione e l'identificazione delle appropriate strategie conservative. C'è ancora tempo e i partner di BirdLife International si sono incontrati per iniziare le operazioni di salvataggio, una campagna per salvare gli avvoltoi d'Africa.

Le sei specie di avvoltoi che nell'ultimo anno hanno subito un drammatico calo del numero degli effettivi sono le seguenti (è riportato anche il peggioramento nello stato di conservazione dell'IUCN e ogni specie è linkata alla relativa scheda di BirdLife).

Avvoltoio cappuccino Hooded Vulture Necrosyrtes monachus
da Minacciato (EN) a Criticamente Minacciato (CR)

Grifone dorsobianco White-backed Vulture Gyps africanus
da Minacciato (EN) a Criticamente Minacciato (CR)

Avvoltoio testabianca White-headed Vulture Trigonoceps occipitalis
da Vulnerabile (VU) a Criticamente Minacciato (CR)

Grifone di Rüppell Rüppell's Vulture Gyps rueppellii
da Minacciato (EN) a Criticamente Minacciato (CR)

Grifone del Capo Cape Vulture Gyps coprotheres
da Vulnerabile (VU) a Minacciato (EN)

Avvoltoio orecchiuto Lappet-faced Vulture Torgos tracheliotos
da Vulnerabile (VU) a Minacciato (EN)

Cinque altre specie di avvoltoi vivono in Africa: una di queste, il Capovaccaio Neophron percnopterus è anch'esso classificato come Minacciato (EN); altre due, il Gipeto Gypaetus barbatus e l'Avvoltoio monaco Aegypius monachus sono catalogate come Prossime alla minaccia (NT).

Solo le ultime due specie africane, il Grifone eurasiatico Gyps fulvus, specie che, come dice il nome ha una distribuzione prevalentemente al di fuori del continenete africano, e l'Avvoltoio delle palme Gypohierax angolensis, specie prevalentemente vegetariana, non sono minacciate (LC, Least Concern secondo IUCN).

Contrariamente agli avvoltoi asiatici nei quali la causa del declino del 98% degli effettivi era dovuta ad una singola causa (e cioé l'avvelemento da diclofenac, un farmaco veterinario di cui erano iopregnate le carcasse di cui gli animali si nutrivano), sono molteplici e non ancora del tutto chiare le ragioni del declino degli avvoltoi africani.

Come già accennato, la causa più importatnte è l'avvelenamento con bocconi avvelenati, posizionati dalle popolazioni locali per controllare la predazione da parte di animali selvatici (soprattutto cani rinselvatichiti) del bestiame da allevamento; gli avvoltoi si nutrono di carcasse avvelenate o direttamente dei bocconi avvelenati.

Un'altra causa è l'utilizzo, da parte di sedicenti sciamani o stregoni di parti di avvoltoi per cure tradizionali; un recente studio ha dimostrato che il 29% degli avvoltoi morti nell'intero continente è attribuibile al commercio illegale per questo scopo (queste pratiche sono specialmente utilizzate in Africa Occidentale e Sudafrica).

La terza causa significativa è l'uccisione intenzionale degli avvoltoi da parte dei bracconieri che sanno che la loro presenza potrebbe segnalare le carcasse dei grandi animali illegalmente abbattuti (soprattutto rinoceronti ed elefanti). Tra il 2011 e il 2014 sono stati scoperti almeno dieci episodi del genere e in questi dieci episodi si è stimata l'uccisione di almeno 1.500 avvoltoi in sei paesi dell'Africa meridionale.

Altri fattori che, in minor misura, hanno giocato un ruolo negativo nela sopravvivenza degli avvoltoi sono la trasformazione dell'habitat naturale, la collisione con fattorie eoliche e l'elettrocuzione su linee elettriche.

Leggi l'articolo originale su BirdLife International

Se siete interessati a collaborare nel salvataggio degli avvoltoi africani, potete visitare questa pagina

Leggi gli articoli relativi agli avvoltoi asiatici pubblicati su questo sito

Leggi l'articolo di BirdLife International: "BirdLife Partners commit to saving Africa’s vultures"


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avvoltoi #2


Nonostante l'areale del Capovaccaio sia molto vasto, la specie è lista come Endangered nella Lista Rossa dello IUCN, a causa soprattutto della drammatica riduzione delle sue popolazioni occidentali (© Kousik Nandy, CC BY-SA 3.0)

Quick Facts

nome inglese: Egyptian Vulture
nome scientifico: Neophron percnopterus
nome italiano: Capovaccaio
ordine: Accipitriformes
famiglia: Accipitridae
stato di conservazione: Endangered



L'areale del Capovaccaio va dalle isole dell'Atlantico all'India. Si riconoscono tre sottospecie: N. p. percnopterus in Africa, Isole di Capo Verde e dall'Europa meridionale all'India nord-occidentale; N. p. majorensis nell'isola di Fuerteventura, Canarie; N. p. ginginianus in Nepal e India (tranne che nel nordovest)


Salvare il Capovaccaio: missione ancora possibile

Gli avvoltoi non saranno i più belli tra gli uccelli, ma nessuno mette in discussione la loro utilità, la loro importanza nella catena alimentare.

Il Capovaccaio, ad esempio, si alimenta soprattutto con le carcasse di animali morti; un vero e proprio spazzino della natura che gioca un ruolo preminente nel prevenire la diffusione di malattie. Il Capovaccaio è il più piccolo tra gli avvoltoi europei e l'unico migratore. Dal 2007 è inserito nella lista rossa dell'IUCN come Endangered, a causa di una drammatica riduzione della popolazione in tutto il suo areale. In Europa, ad esempio, il numero degli effettivi si è ridotto del 50% negli ultimi 50 anni e, pi specificamente, la popolazione balcanica è drammaticamente calata dell'80% negli ultimi trent'anni.

Cosa sta accadendo? La maggior parte delle popolazioni di Capovaccaio sono migratrici; quella orientale, nidificante nei Balcani, Anatolia, Medio Oriente e Asia Centrale, migra per migliaia di chilometri per svernare nella Penisola Arabica e nel Sahel (la fascia arida subsahariana che si estende dal Senegal al Sudan).
In generale le minacce che su larga scala interessano la specie sono: deterioramento e scomparsa dell'habitat riproduttivo, riduzione della disponibilità di cibo causata dalla trasformazione del territorio, collisione con torri eoliche, utilizzazione di pesticidi, pratiche sanitarie (ad esempio la distruzione di carcasse animali). Tutte queste minacce sono presenti sia nei territori riproduttivi che lungo le vie di migrazione e anche nei quartieri di svernamento.

La principale causa di declino della specie sembra comunque essere l'avvelenamento accidentale per ingestione di esche avvelenate posizionate sul territorio per animali quali lupi e volpi, o degli stessi predatori avvelenati, o dall'ingestione di carcasse di animali domestici morti dopo trattamento con farmaci veterinari tossici.

L'elettrocuzione è un'altra significativa causa di morte, soprattutto nelle aree semidesertiche dove il Capovaccaio sverna; in quelle regioni la scarsità di luoghi per il roosting obbliga gli animali a sostare sui piloni elettrici; è celebre il caso della cosiddetta "linea assassina", una linea elettrica lunga 30 kilometri da Port Sudan alla costa del Mar Rosso: ricerche e stime indicano che questa linea ha causato, dalla sua costruzione negli anni 50 del secolo scorso, la morte per elettrocuzione di centinaia, forse migliaia, di Capovaccai!

La buona notizia è che, grazie agli sforzi congiunti di UNDP/GEF Migratory Soaring Birds project, della Sudanese Wildlife Society, e di BSPB (BirdLife Bulgaria), e con il sostegno del governo sudanese e delle compagnie elettriche coinvolte nel progetto, la nefasta linea è stata dismessa e sostituita con una struttura completamente isolata e bird-safe.

Una recente ricerca effettuata nei Balcani ha dimostrato che circa la metà dei giovani di Capovaccaio soccombono durante la loro prima migrazione, soprattutto per errori di rotta (qualche individuo tenta di attraversare le acque aperte del Mediterraneo), ma anche per le persecuzioni che subiscono in Africa (le loro parti vengono usati nella medicina tradizionale).

Cosa si sta facendo? A luglio 2015 si è tenuto un workshop a Sofia, Bulgaria al quale hanno partecipato le numerose parti in causa: BSPB (BirdLife’s Bulgaria), HOS (BirdLife Grecia), WWF Grecia, RSPB (BirdLife Regno Unito). Il convegno ha avuto la collaborazione del CMS (Convention on the Conservation of Migratory Species of Wild Animals), un organismo che promuove azioni coordinate a livello internazionale per contrastare il declino delle popolazioni dei rapaci migratori nelle regioni eurasiatiche e africane.

Al workshop hanno partecipato settanta conservazionisti e ricercatori di 33 differenti paesi nell'intento di sviluppare un unico progetto, l'International Egyptian Vulture Flyway Action Plan. Il piano dovrebbe identificare le linee guida per una cooperazione trans-continentale e portare avanti l'implementazione delle misure di protezione e conservazione atte a garantire la sopravvivenza del Capovaccaio nei Balcani, Caucaso e Asia Centrale, Medio Oriente e Africa, regioni che globalmente ospitano il 40% della popolazione mondiale.

Leggi l'articolo originale su BirdLife International

Leggi la storia della linea killer in Sudan

Monografia del Capovaccaio su IUCN

Migratory Soaring Birds Project

The return of the Neophron

Convention on the Conservation of Migratory Species of Wild Animals


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lince dei Balcani

Come è possibile salvare una specie impossibile
da tracciare in natura?


Fino a dieci anni fa la Lince dei Balcani Lynx lynx balcanicus(una sottospecie della Lince eurasiatica) era pressoché sconosciuta alla popolazione locale e i suoi avvistamenti erano pochissimi e ammantatti da un'aura di leggenda. E questo non è difficile da credersi se la popolazione odierna di questo animale è stimata tra 1 19 e i 36 individui.

In novembre del 2015 la IUCN ha inserito la Lince dei Balcani sulla sua Lista Rossa e naturalmente l'ha etichettata come Criticamente Minacciata. Le uniche area riproduttive note di questo splendido felino sono il Parco Nazionale di Mavrovo in Macedonia e le montagne di Munela in Albania

Il precario stato della Lince dei Balcani non è una novotà per lo staff di Balkan Lynx Recovery Programme (BLRP), che lavora alacremente per risurre l'impatto sull'animale del bracconaggio, diminuzione delle prede e distruzione dell'habitat.

BLRP è stato istituito nel 2006 grazie agli sforzi di EuroNatur in Germania e KORA in Svizzera, incoraggiate da fatto che la comunità internazionale di scienziati erano desiderose di assistere le associazioni naturalistiche nella raccolta di dati e dai notevoli progressi degli strumenti teconologici di tracciatura degli animali selvatici.

Nonostante il dispiegamento di uomini e mezzi ci sono voluti quattro anni di lavoro sul campo e numerose trappole fotografiche per vedere, per la prima volta, una Lince dei Balcani! Racconta Aleksandar Stojanov, un membro del BLRP: "Uno dei giorni più eccitanti della mia intera vita è stato quello in cui ho visto la fotografia, scattata da una fototrappola, di una lince".

Al programma di monitoraggio e salvataggio della Lince dei Balcani si sono oggi aggiunti numerose associazioni e volontari della regione: MES in Macedonia, PPNEA in Albania, ERA e Finch in Kosovo, CZIP in Montenegro, NINA in Norvegia.

Dime Melovski, un altro membro dello staff di BLRP dice: "La collaborazione con le parti in causa sul territorio - soprattutto i cacciatori - ha aperto le porte a ricerche pi approfondite sul felino e le sue prede. Il nostro target è quello di migliorare lo stato della Lince dei Balcani da Criticamente Minacciata a Minacciata, e per ottenere questo dobbiamo portare la popolazione dall'attuale consistenza ad almeno 50 individui".

Attraverso il BLRP no solo si è ottenuto un enorme numero di nuovi dati, ma il riconoscimento dell'esistenza del problema riguardante questo leggendario felino e la messa in opera di strategie di conservazione; l'Albania ed il Kosovo (ma purtroppo non la Macedonia) hanno, ad esempio, istituito nuovi parchi nazionali per proteggere l'ambiente naturale della lince.

Leggi l'articolo originale su BirdLife International

Leggi la monografia della Lince dei Balcani su IUCN

Links utili

MES Macedonia

PPNEA in Albania

ERA Kosovo

Finch Kosovo

CZIP Montenegro

NINA Norvegia

EuroNatur Germania

KORA Svizzera


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foreste

Una foresta grande quanto la Scozia
ci ha lasciato per sempre


Conservazionisti dell'RSPB, di BirdLife International e di organizzazioni italiane hanno valutato dati satellitari relativi ai cambiamenti delle aree forestali avvenuti nel periodo 2000-2012 in 7.000 aree naturali.

In queste 7.000 IBA (Important Bird Areas) le foreste coprivano 2,9 kmq nel 2000, copertura scesa di 73.000 kmq nel 2012 (un'area grande quanto la Scozia): una perdita del 2.5% di tutte le IBA.

Le regioni globalmente più interessate sono il Sudamerica e il Sud-est Asiatico; i singoli paesi più colpiti dalla deforestazione sono: Brasile, Paraguay, Indonesia, Madagascar e Ghana.

Nello studio gli scienziati hanno usato immagini satellitari per misurare la perdita di foreste in 7279 delle circa 12.000 IBA mondiali, specificamente quelle che rappresentano l'habitat di specie di uccelli forestali.

La perdita forestale non è stata uniforme: la maggior parte delle IBA hanno perso meno dell'1%, mentre un piccolo numero di siti è andato soggetto ad una deforestazione terribile, come ad esempio la Salta Forest in Argentina (72%), Rawa Lunang (69%) e Tesso Nilo (65%), entrambe in Indonesia.

Gli autori hanno scoperto poi alcuni interessanti modelli; la deforestazione più rapida è avvenuta in Sudamerica e in Asia Sud-orientale, con un'accelerazione tra il 2003 e il 2007. E' stato anche rilevato un dato incoraggiante: la protezione formale di un'IBA, attraverso l'istituzione di aree protette, è associata ad una significativa riduzione della perdita forestale.

Ed è una buona notizia quella che i governi mondiali si sono impegnati proteggere un minimo del 17% di aree naturali entro il 2020, con particolare attenzione alla biodiversità, tipicamente quella delle IBA e di altre aree chiave. I cittadini hanno ora la possibilità di monitorare i progressi di questo impegno globale attraverso il loro computer.

L'intero articolo "Patterns of twenty-first century forest loss across a global network of important sites for biodiversity" è disponibile sul sito della rivista scientifica Remote Sensing in Ecology and Conservation ed è accessibile al link.

Anche i dati sui quali è basato lo studio sono accessibili: i confini delle IBA sono disponibili a richiesta a questo indirizzo; la copertura forestale è disponibile su Google Earth e i codici per estrarre i dati sulle foreste sono in forma di open source e sono disponibili a questo indirizzo.

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ornitour
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